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PER LE DONNE AFGANE

Fayeza

Sono Fayeza e vengo da una famiglia borghese e istruita della provincia di Maidan Wardak, in Afghanistan. Mi sono laureata con lode in Ostetricia. Durante i miei studi, oltre allo studio teorico, ho fatto esperienza anche negli ospedali e centri sanitari della nostra città. Nel mio lavoro nei centri sanitari, mi sono resa conto delle privazioni e dei problemi delle donne nella mia terra natale, e questo mi ha resa più determinata a concentrare tutti i miei sforzi per aiutare le donne oppresse e svantaggiate del mio Paese.

Sfortunatamente, il livello dell’assistenza sanitaria in Afghanistan è molto basso e ho assistito a quante madri perdono la vita a causa dell’assenza di ospedali o per la mancanza di consapevolezza sanitaria che causa molti problemi alla loro salute e ai loro figli.

Il matrimonio forzato in giovane età è uno dei gravi problemi delle donne nel nostro Paese, che finisce per provocare malattie e morte delle madri e dei loro figli. Per contrastare questo fenomeno è necessario educare le persone, soprattutto le donne, a prestare attenzione alla loro salute.

Per aiutare le cittadine afghane, ho iniziato a lavorare come consulente per la nutrizione e per la pianificazione familiare in uno dei centri sanitari in una delle aree più remote e disagiate. Durante il mio lavoro ho acquisito sempre più familiarità con i problemi delle donne nelle società più tradizionali e arretrate, e ho cercato di poter guarire le ferite di queste donne e di star loro vicina.

Anche nell’ambito dell’alimentazione infantile, purtroppo, non sono mancati i problemi dovuti alla povertà economica e al basso livello di alfabetizzazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Ho assistito a molti casi in cui i bambini non avevano un adeguato sviluppo fisico e mentale a causa dell’alimentazione non sufficiente. Il nostro centro medico non poteva rispondere a tutti i problemi a causa delle sue strutture limitate.

Parte del mio lavoro era anche informare le donne della possibilità di poter esercitare il diritto all’interruzione di gravidanza per tutelare la propria salute. Per alcuni capi religiosi e anziani, oltre che per i Talebani, questo era un grande peccato e quindi io e i miei colleghi eravamo meritevoli di punizione. Sono stata spesso minacciata, ci imponevano di non informare adeguatamente le donne e non incoraggiarle ad avere meno figli o seguire gli standard sanitari. È stato molto difficile e pericoloso.

Mi hanno minacciata anche perché mandavamo le ostetriche a domicilio per aiutare le donne. Quando ho chiesto perché le signore non venivano in clinica, mi hanno detto che gli uomini glielo impedivano perché era peccato che le mogli andassero in clinica a partorire. I mariti avevano infatti paura che le cliniche fossero frequentate anche da altri uomini con cui le mogli non potevano entrare in contatto. Questo ha portato i Talebani a minacciarci di morte, anche perché la nostra clinica invece era sostenuta da istituzioni straniere e dall’OMS. I Talebani e i tradizionalisti credevano che stessimo cooperando con non musulmani e stranieri, e questo era un altro motivo per minacciare le nostre vite.

Con l’ascesa dei Talebani, io e la mia famiglia siamo stati costretti a fuggire dall’Afghanistan per salvarci la vita e quella di nostro figlio e di quello che stava per arrivare. Ora che siamo al sicuro in Italia, siamo molto felici e vogliamo esprimere la nostra gratitudine e apprezzamento agli italiani perché se non ci avessero salvato la vita, non posso pensare cosa sarebbe successo.